BLACK PHONE – La segretezza telefonica

il

Quando la linea del tuo rapitore ha lo scatto d’ira alla risposta.

di Alessandro Sivieri

rapace killer ethan hawke

“Wha-wha-what did you say, oh
You’re breaking up on me
Sorry, I cannot hear you, I’m kinda busy”

Ricordate quando c’erano i telefoni a muro e potevate sparire per giorni senza essere localizzabili col GPS? La fattoria Pepperidge se lo ricorda! Ecco, forse ricorderete pure Scott Derrickson che dirigeva The Exorcism of Emily Rose e poi assestava un bel colpo nell’affollato ring dell’horror con Sinister, una ghost story di tutto rispetto sui macabri traslochi di uno scrittore in crisi. Il protagonista era Ethan Hawke, quello che ha una figlia fighissima di stanza a Hawkins. Parentesi supereroistica con il primo Doctor Strange, tutto trip mistici e fondali caleidoscopici, dopodiché la Disney ha cancellato Derrickson dalla rubrica. Da allora il regista ha deciso di fare ritorno in un cantuccio a lui più consono: l’horror a basso budget. Da oggi col 100% di Ethan Hawke sociopatico in più.

scott derrickson regista black phone

Come ai tempi di Sinister, la sponda produttiva porta il nome Blumhouse, ovvero una compagnia capace di finanziare filmetti di paura da fondo pagina ma anche dei cult come Get Out e Invisible Man. La loro filosofia è riassumibile in fai quello che vuoi purché non ci costi troppo, cosa che avvantaggia gli autori di progetti indie con idee vincenti e la capacità di gestire un investimento medio-basso. Derrickson ci sta e tira fuori Black Phone da un soggetto di Joe Hill, noto fumettista e figlio di Stephen King. Più che di un horror puro, parliamo di un thriller da cornetta con elementi paranormali, sorretto da atmosfere e temi evidentemente kinghiani, che emergono dall’analisi senza voler sottolineare forzatamente la parentela tra il Re del Brivido e la sua prole. Le Bande dei Perdenti e i ricordi agrodolci di Stand By Me rimarranno per sempre nel tessuto connettivo del filone coming of age, c’è poco da fare.

finney black phone ragazzino

Siamo nel 1978 e il protagonista è il giovane Finney Shaw (Mason Thames), il quale viene posto di fronte ai problemi della crescita in un contesto che non sfigurerebbe nella cittadina di Derry: è circondato da coetanei stronzi e da adulti ancora più stronzi. I bulli lo perseguitano, è orfano di madre e subisce le angherie di un padre tanto manesco quanto pusillanime, che controlla i figli in modo ossessivo. Sua sorella Gwen (Madeleine McGraw) è più tosta di lui, oltre a possedere una sorta di chiaroveggenza tramite sogni premonitori, i medesimi che faceva la madre prima di essere internata chissà dove. Il potere di Gwen è ciò che la società guarda con sospetto e che il padre teme alla follia, poiché disgregherebbe ulteriormente la famiglia, come se non bastasse una violenza ormai endemica nel ceto medio americano. Vi sono infine i poliziotti che pendono dalle labbra della ragazzina, elevandola a oracolo del quartiere e cercando indizi per le recenti sparizioni di minori.

black phone grabber rapace col cappello

Willy Wonka e la fabbrica del disagio.

C’è un rapitore di bambini all’opera, un tizio che i giornali hanno battezzato “Il Rapace” (Ethan Hawke). Finney, taciturno e remissivo, è la preda perfetta per il maniaco, che alla luce del giorno lo soffoca nei palloncini e se lo porta via con il furgone appena riverniciato. Finney si risveglia nello scantinato del Rapace e ha inizio un duello psicologico tra i due, dove lo scopo è trovare una via di fuga. Il killer si balocca con la sua nuova preda, si confida, racconta delle vittime precedenti e stabilisce delle regole sotto forma di avvertimenti, in modo che Finney si ritrovi sempre più disorientato. È un gioco dove il tempo cessa di esistere e dove il confine della trasgressione viene scoperto troppo tardi, cioè quando scatta la punizione.

black phone scantinato

Le uniche istruzioni per sopravvivere provengono da un telefono a muro, che squilla ogni giorno per mettere Finney in contatto con gli altri ragazzini scomparsi: ex-amici, bulletti di periferia, quasi tutti più grandi e più forti di lui, che non sono riusciti a sottrarsi al Rapace. Il punto di vista è strettamente ancorato all’esperienza emotiva e sensoriale del protagonista, tranne una manciata di minuti per la sorella, e questo approccio crea una dimensione sospesa tra la realtà della prigionia e un dialogo paranormale con i predecessori di Finney, che gli danno delle dritte e lo esortano a non mollare. Non viene chiarito se il ragazzo abbia ereditato un potere dalla madre o se sia colto da vivide allucinazioni, perché il focus è sulla rivalsa personale: abituato a subire per tutta la vita, il ragazzo dovrà imparare a difendersi da solo.

black phone bunker seminterrato

Il seminterrato, buio e claustrofobico, diventa uno spazio narrativo caratterizzato da quest ambientali (scavare, rompere una finestra, sfondare una parete) che fanno acquisire dei “punti esperienza” a Finney, insieme a strumenti utili per la resa dei conti. Sembra di assistere alle imprese in salsa preadolescenziale di un Edmond Dantès (Il conte di Montecristo), di Papillon o dei personaggi de La grande fuga, tutti accomunati da una determinazione incrollabile e da impensabili sacrifici fisici. Ogni tentativo di scappare, per quanto rischioso ed estenuante, diventa un atto di fede. Gli sforzi di Finney sembrano andare a vuoto, eppure lui ne esce rafforzato, in attesa del momento adatto per unire i puntini e fronteggiare il carceriere pazzoide.

black phone telefonata

“Siamo spiacenti, il briciolo di speranza non è al momento raggiungibile.”

Ethan Hawke dà vita a un personaggio che – come dichiara lui stesso – è indifendibile, una specie di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti unito a un prestigiatore dal malsano senso dello humor. Lontano dagli standard che vorrebbero un villain con cui si possa empatizzare, il Rapace è disumano fino alla fine, perverso per il gusto di esserlo. Gli accenni al suo passato (una vittima a sua volta?) rimangono privi di approfondimento e sembrano buttati lì solo per tormentare Finney, in attesa di uno scoppio di violenza mortifera continuamente rimandato. Il film non fa sconti sul corpo del protagonista, che si riempie di tagli e lividi, sebbene gli omicidi rimangano in buona parte off-screen, lasciando il tutto alla nostra immaginazione.

black phone ragazzi scomparsi

Parimenti non viene meno – salve delle eccezioni necessarie al racconto – la distanza fisica tra il piccolo prigioniero e l’aguzzino, spostando il confronto sul piano intellettuale. Finney mantiene i nervi saldi e il Rapace si frappone tra lui e la strada per la rinascita, coperto da una travestimento che ne disumanizza e ne mitizza la figura: non più un uomo, piuttosto l’incarnazione della crudeltà adulta, una Sfinge che gode dei propri enigmi, un Cerbero che cambia volto. La struttura della maschera è modulare e lascia scoperti diversi dettagli del viso di Ethan Hawke a seconda della convenienza narrativa, oltre a passare dal sorriso beffardo alla smorfia rabbiosa; un accessorio che accentua la performance dell’attore invece di celarne le emozioni e che rende il suo illusionista memorabile, nonostante lo attenda un destino prevedibile.

ethan hawke rapace occhi

Black Phone non ha intenzione di innovare alcunché nel suo meccanismo da escape room con interurbane dall’oltretomba. L’antipasto di baby gang anni ’70 dura giusto il tempo di catapultarci in un putrido set teatrale dove l’antagonista recita la sua parte, enfatizza i toni e crea un proscenio impalpabile tra lui e il singolo, spaurito spettatore grazie all’aura intimidatoria. Non è metateatro, è comunque un thriller psicologico in cui il protagonista è costretto a crescere bruscamente per portare a casa la pelle, superando il suo predatore in astuzia e capacità di adattamento. È darwinismo, figliolo, anche se Darwin non ti farebbe uno squillo per aiutarti con un game level difficile, alla stregua di un fratello maggiore. Una manciata di jumpscare nei punti giusti e ne esce un’opera godibile alla quale la credibilità non interessa, specie se il resto del cast adulto è composto da idioti e gli sbirri hanno uno sportello per le superstizioni. Signore e signori, fate un applauso al buffone di corte e finite la cena, altrimenti sono cinghiate.

black phone rapace cinghiate

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