Recensione della trasposizione cinematografica del romanzo di Mary Shelley con Boris Karloff
di Matteo Berta
Nel 1931 nasceva una nuova icona nel cinema classico degli orrori, infatti Jack Pierce formava concretamente il trucco divenuto iconico per il mostro “ricomposto” plasmando Frankenstein. Abbiamo già parlato del regista James Whale nella recensione de MOSTRI CLASSICI: L’Uomo Invisibile e la sua Voce e qui lo troviamo a confronto con un altro emarginato. Ci troviamo di fronte alla creazione di un’aberrazione che non ha colpe se non quella di essere nata.
La narrazione di questo film non è delle migliori, ma per molte ragioni, diverse sequenze sono rimaste impresse nella memoria di ogni appassionato del genere e non: basti pensare alla scena della nascita del mostro con quel “It’s Alive” gridato dal dottor Frankenstein, con la voce di colui che è riuscito ad ingannare dio, seppur per un attimo, oppure come dimenticare lo struggente finale al mulino incendiato dove l’odio e la compassione si mischiano in un unico sentimento.
Il film, come molti dei capisaldi raccontati in questa rubrica, fece un gran successo, soprattutto per lo sconvolgimento emotivo sopracitato. Gli spettatori rimasero interdetti nel tentare di valutare il mostro, siccome fino ad all’ora erano sempre stati abituati alla chiarificazione dell’eroe e del cattivo senza difficoltà nell’empatizzare.
L’horror di James Wale del 1931 ha il merito di aver scolpito nella “pietra di celluloide” un attore del calibro di Boris Karloff, e di aver “modernizzato” il romanzo di Shelley nel modo corretto per una trasposizione cinematografica. Il film, a detta di molti, non fa riferimento totalmente e direttamente al libro, ma soprattutto alla trasposizione teatrale del 1927 Frankenstein: an Adventure in the Macabre di Peggy Webling, così come successe per Dracula (dove in quel caso vennero anche ripresi gli attori).
Pur essendo considerato come uno dei migliori film dei Mostri della Universal, trovo che sia abbastanza sopravvalutato. Dal mio punto di vista non ci troviamo di fronte alla potenza espressiva di un Uomo Invisibile o all’emotività de Il Fantasma dell’Opera. Questo film cerca di svolgere il compitino al meglio e ha avuto la fortuna di imbastire sequenze che poi sarebbero divenute iconiche. Personalmente ricordo altre trasposizioni del romanzo della Shelley da tenere in grande considerazione: nell’ultima settimana mi sono recuperato i film su Frankenstein che mi mancavano, dal cortometraggio del 1910 di Edison (prima apparizione filmica del mostro ricomposto) fino a quel pasticcione tamarro di I, Frankenstein, ed è stata confermata sempre di più in me la convinzione che le migliori rivisitazioni siano quelle del 1994 di Kenneth Branagh e del 2012 di Tim Burton (Frankenweenie).
Consigliamo questo cofanetto dei principali film dei mostri classici della Universal, il più completo. Non preoccupatevi, sono presenti sia l’audio che i sottotitoli in italiano, pur essendo un’edizione estera.
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