LA LLORONA – Spettri frignoni in piscina

Recensione dello spin-off di The Conjuring prodotto da James Wan.

di Alessandro Sivieri

Il cosiddetto Conjuringverse, ideato e prodotto da James Wan, si dirama ulteriormente in uno spin-off che evoca spauracchi sudamericani e lavora al minimo sindacale. Alla regia troviamo l’esordiente Michael Chaves, che si sta facendo le ossa in vista di The Conjuring 3. Quella che poteva essere una piacevole variazione sul tema, distaccandosi da esorcismi con croci e acqua santa per esplorare la sottocultura pagana, si rivela un film paranormale da discount. Un’ora e mezza di jump scare piazzati a caso con citazioni di Amityville Horror e un collegamento ad Annabelle, attraverso il personaggio di padre Perez (Tony Amendola).

Ambientata negli anni ’70, la storia vede Anna (Linda Cardellini), giovane vedova e assistente sociale, alle prese con un fantasma che vuole trucidare la sua prole. Lo spettro in questione è la Llorona (Marisol Ramirez), un babau del folklore latinoamericano che emette urla agghiaccianti e ha una predilezione per i bambini affogati. Secondo la leggenda, un tempo era una donna bellissima che venne tradita dal marito e che uccise i propri figli in un raptus di gelosia. Resasi conto del gesto, decise di annegarsi nello stesso fiume dove giacevano le spoglie dei due pargoli. Da allora vaga come un’anima in pena, in cerca di vittime da “adottare” previa morte violenta. Visivamente poco ispirata, pare un incrocio tra la suora di The Nun e Samara di The Ring, con un bel corredo di abito bianco, pelle putrida e trucco nerastro.

Quando un bambino sente piangere la Llorona, viene marchiato da quest’ultima ed è destinato a morire per mano sua. Senza costruire alcuna tensione tra uno spavento e l’altro, la pellicola non rende mai quell’atmosfera opprimente di possessione. Porte sbattute, vetri infranti e urla da ambulanza in tangenziale preannunciano l’ennesima apparizione della Frignona, che stalkera le vittime senza mai terminare il lavoro, nemmeno quando ha il pieno controllo della situazione. I suoi poteri vengono ridimensionati di sequenza in sequenza, facendo in modo che i protagonisti siano in grado di contrastarla fisicamente, mentre in altri frangenti si dimostra invincibile e capace di apparire in ogni angolo della casa. Non viene sfruttato il fascino della cultura latina e dell’occultismo, ridotto a un’alternativa borderline all’esorcismo cristiano. L’esperto di paranormale che prontamente arriva in soccorso è Rafael Olvera (Raymond Cruz), a metà tra il prete e lo sciamano, con un arsenale di candele, sementi e sali da bagno per contrastare la Piagnona.

Appena abbozzate le contaminazioni poliziesche, con le indagini della protagonista nei confronti di Patricia (Patricia Velasquez), una donna accusata di maltrattamenti ai figli che tentava di arginare il temibile fantasma. Un pretesto per mettere in scena una madre pazzoide con gli occhi strabuzzati e in grado di pronunciare “Llorona” con accento latino, in contrasto con la maternità “razionale” di Anna. Lo script trascura anche il personaggio della Cardellini, mai troppo decisa o disperata, ma abbastanza distratta da non accorgersi che le ustioni sulle braccia dei figli potrebbero non essere frutto di una caduta accidentale. E dire che, essendo un’assistente sociale, avrà visto segni di maltrattamento a iosa! Per convenienze narrative, gli stessi bambini non esitano a cogliere ogni occasione per mettersi in pericolo, recuperando bambole o avventurandosi nei bassifondi.

Chaves tenta di farci immedesimare con la camera a mano, ma non emergono personalismi in un’opera visivamente anonima e con un eccesso di grana (immagine disturbata) nelle fasi notturne. Non riusciamo a capire se sia imputabile alla proiezione in sala, all’effettiva qualità del girato o a una scelta produttiva (in alcune sequenze, sempre al buio, è quasi assente). Seguendo i canoni del franchise, il duello finale lascia spazio a un possibile ritorno della Lamentona, che costituirà cibo per cosplayer nelle fiere del fumetto. Se meglio caratterizzata, potrebbe essere una gradevole aggiunta al pantheon orrorifico contemporaneo, ma a livello cinematografico viene incastrata in un mercatino dell’usato, degno delle peggiori produzioni Blumhouse.

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