Analisi del reboot scimmiesco di Jordan Vogt-Roberts.
di Matteo Berta
I mostri sono definitivamente tornati, sono riemersi in una salsa nostalgica che fa da contorno al piatto forte, cucinato con gli elementi principali della strapotenza produttiva contemporanea.
Il filone produttivo marvelliano proposto dalla Disney in campo supereroistico, che piaccia o meno, ha fatto scuola. La compresenza di diverse icone cinematografiche in una sorta di saga colma di stand-alone ha portato numerosi spettatori nelle sale. Gli speculatori produttivi sono stati pronti a riproporre, valutando il nostro campo, due universi mostriferi diversi, ma con lo stesso denominatore comune. Che sia chiaro, lo stile “mashupparo” nel mondo dei mostri è sempre esistito, ma è incontrovertibile la teoria che esso sia ritornato grazie al successo dei cinecomics. Nelle precedenti annate ci venivano proposti lo stesso i mostri della Universal o di stampo orientale, ma senza un’ottica collettiva.
Circoscrivendo ancor di più il campo, siamo qui per parlare del Monsterverse, nato nel 2014 con il Godzilla di Gareth Edwards e rinvigorito con i nuovi capitali orientali grazie all’acquisizione della Legendary Pictures da parte del Wanda Group (qui il nostro intero articolo che tratta della vicenda), ma la vera percezione della nascita di questo universo la si sente chiaramente con questo reboot di King Kong, grazie ai continui riferimenti alla Monarch e soprattutto alla scena dopo gli end credits (altro scopiazzatura dai titoli Marvel).
Kong: Skull Island è uno spettacolo imperdibile.
Il film è essenzialmente un’avventura in stile b-movie anni 60/70, un tentativo (meglio riuscito di Indiana Jones IV) di emulare uno stile narrativo ed estetico dell’epoca, riportandone ovviamente i pregi (storia che non si perde in cazzate e basata interamente sull’intrattenimento) e i difetti (mancanza di uno sviluppo psicologico dei personaggi e di un plot che ti costringe a staccare il cervello per un paio d’ore). Ovviamente se andiamo a vedere un film che racchiude nel titolo la parola “Kong” o “Godzilla” non ci aspettiamo di certo un film di Tarkovskij, anche se la nostra battaglia principale qui su Monster Movie è quella di ri-nobilitare il genere dei film di mostri.
Kong: Skull Island funziona molto meglio del Godzilla di Edwards per il semplice fatto che è onesto, non pretende di fare il reportage documentaristico o di aggrapparsi inutilmente a un realismo effimero, ti spiattella senza tanti complimenti uno scimmione che dà mazzate a destra e a manca, e come direbbe Roby Rani “… dà slappe e pacconi”.
Sapete benissimo che a noi però piace addentrarci nel profondo e non fermarci semplicemente al puro intrattenimento, quindi è giusto dire che l’essenza mostrifera-filosofica del film è facilmente riassumibile nel gioco di sguardi (raccontati alla Sergio Leone) tra il personaggio interpretato da Samuel L. Jackson e Kong, un legame metaforico-combattivo tra l’uomo, in cerca di vendetta, e un mostro che ragiona quasi completamente in base a istinti auto-conservativi.
Il re è tornato.
La Colonna Sonora di Kong: Skull Island
di Francesco Berta
Alla musica troviamo il versatile Henry Jackman, voce di spicco nel panorama contemporaneo della musica per il cinema. Riguardo al film dichiarò di essere impaziente di utilizzare a pieno i toni solenni e maestosi dell’orchestra sinfonica classica, assicurando però la presenza di elementi non convenzionali, come synth e chitarre elettriche (già stilemi caratteristici del compositore, in particolare nella score nominata ai Bafta CAPTAIN PHILLIPS).
“The great thing about a monster movie is that it opens the door to use the symphony orchestra in its most sumptuous way,” he says. “[Director Jordan Vogt-Roberts] was happy to celebrate the gravity and history that comes with a full orchestra, but we also explored less traditional elements. That’s a field day for a composer.”
Ed è proprio la fusione di entrambi gli elementi a vincere, garantendo un lavoro intrigante, misterioso e divertente che saprà soddisfare anche i palati più esigenti, con citazioni e rimandi alle atmosfere di CONGO (Jerry Goldsmith), all’azione di PREDATOR (Alan Silvestri) e al KONG di STEINER.
Da evitare l’ascolto se state guidando. Specialmente in autostrada.
Potete trovare tutti i nostri articoli su Godzilla, Kong e il Monsterverse in questa raccolta:
MONSTERVERSE – Tutte le informazioni sui film di GODZILLA e KONG
Funko Pop! Film: King Kong
The Art of Kong Skull Island
Qui la RECENSIONE A CALDO in diretta su Facebook.
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