ALIEN 3 – Cronache di un bellissimo pasticcio

Il terzo episodio della saga dello Xenomorfo tra problemi produttivi e l’edizione Assembly Cut.

di Alessandro Sivieri

Alien 3 infermeria scena Ripley

Tre volte la suspence. Tre volte il pericolo. Tre volte i problemi.

Storpiando leggermente la catchphrase promozionale, otteniamo una perfetta fotografia dei travagli produttivi di Alien 3, il fanta-horror del 1992 che porta avanti le avventure di Ellen Ripley (Sigourney Weaver) e dello Xenomorfo. Questo sequel, ripudiato dal suo regista (un David Fincher esordiente), ha attraversato una miriade di riscritture e cambi di rotta prima di acquisire una propria identità e di gettarsi (con molta fretta) nelle fasi di shooting. Da una lunga gestazione è uscita un’opera con qualche lacuna, poco apprezzata da una porzione della fanbase, ma in grado di regalarci un’esperienza visiva interessante e una storia intrisa di cinismo, specialmente nella versione denominata Assembly Cut. Partiamo dall’inizio, quando i corridoi della prigione Fury 161 non erano nemmeno una bozza sulla scrivania!

Alien 3 bozza xenomorfo

Il capostipite, diretto da Ridley Scott, aveva dato una intensa pennellata horror alle pellicole spaziali, portando alla nascita dello Xenomorfo, l’immortale creatura realizzata da H.R. Giger e dal nostro Carlo Rambaldi. Nel 1986 arrivò il seguito, firmato da un’altra mente vulcanica, quella di James Cameron. Aliens – Scontro finale mantiene le atmosfere tese del predecessore e amplia considerevolmente il setting, portandoci su una colonia desolata del pianeta LV-426, dove giace il relitto già esplorato dall’equipaggio della Nostromo. Come Scott, Cameron costruisce i set con cura certosina e si distingue per il pionerismo effettistico. Oltre a ciò, spinge sul lato action e moltiplica le figure mostruose, presentandoci uno sciame di Xenomorfi che seguono gli ordini di una Regina. Preso atto del successo delle pellicole, la Fox decise di mettere in cantiere un terzo episodio. Nessuno immaginava che i lavori avrebbero preso una piega da girone dantesco!

Alien 3 prigione Fury 161

Vennero contattati David Giler e Walter Hill, già produttori del primo film, che buttarono giù un paio di idee su un’ambientazione terrestre con toni da Guerra Fredda. La coppia pensava a Clive Barker (fresco del successo di Hellraiser) per la stesura dello script, ma alla fine decise di ingaggiare William Gibson. Quest’ultimo è conosciuto come uno dei fondatori del genere letterario cyberpunk ed è autore della Trilogia dello Sprawl. I suoi romanzi, in particolare Neuromancer, continuano a ispirare il cinema sci-fi e sono andati incontro a vari tentativi di adattamento. Gibson scrisse una storia che non venne approvata dalla Fox, ma che ha visto la luce in formato cartaceo, grazie a una graphic novel edita in Italia da Saldapress (qui la nostra recensione).

William Gibson Alien 3 autore

Nello script di Gibson, uno dei più completi reperibili online, possiamo individuare varie differenze rispetto alle iterazioni precedenti: Ripley viene tenuta in coma e messa da parte, in modo da potersi focalizzare sul sintetico Bishop (Lance Henriksen) e sul caporale Hicks (Michael Biehn). La vicenda è ambientata su una stazione spaziale chiamata Anchorpoint, dove due superpotenze si contendono l’esclusiva sul materiale genetico dello Xenomorfo, destinato a diventare un’arma biologica. Una delle fazioni è l’Unione dei Popoli Progressisti, dei veri e propri marxisti spaziali che accentuano i toni da Cold War. Il sistema di riproduzione alieno subisce una mutazione, assumendo dei tratti virali, poiché Gibson li aveva sempre paragonati a una malattia infettiva. La sceneggiatura introduceva vari sottotesti politici, un finale aperto e creature ibride che si scontrano gli Xeno autentici, ma nella versione theatrical di Alien 3 non emerge traccia dei contributi di Gibson, se non l’idea del codice a barre tatuato.

Alien 3 fumetto saldapress

Lo scrittore dichiarerà che l’ingaggio della Fox era finalizzato a ottenere una base concettuale sulla quale costruire per conto proprio, piuttosto che uno script definito e filmabile. Insomma, Giler e Hill volevano una impronta cyberpunk, ma senza esagerare. Nel frattempo un possibile ritorno di Scott alla regia era naufragato per problemi di tempistiche, quindi venne convocato Renny Harlin, autore di Die Hard 2 e Nightmare 4. L’erede di Gibson alla scrittura fu Eric Red. La sua sceneggiatura (consultabile qui) prevedeva un cast interamente rinnovato e si spostava in una struttura di ricerca militare dove si conducevano, all’insaputa di tutti, esperimenti sugli Xenomorfi. Immancabile l’evasione e il diffondersi dello sciame nella stazione, che alla fine sarebbe diventata un gigantesco Xeno biomeccanico!

Alien 3 Fury 161 pianeta

Il lavoro di Eric Red non piacque ad Harlin, che abbandonò la regia. In vista dell’ennesima riscrittura, la Fox sostituì Red con David Twohy, che circa un decennio dopo girerà Pitch Black con Vin Diesel. Twohy ambientò la sua storia in una prigione spaziale chiamata Moloch Island, in orbita intorno alla Terra. I detenuti, impiegati dalla Weyland-Yutani per estrarre minerali dagli asteroidi circostanti, servivano anche da cavie per condurre esperimenti illegali con gli alieni. Come vuole la prassi, si giungeva alla fuga degli Xenomorfi e alla conseguente infestazione della struttura. Molti elementi della visione di David Twohy, come il carcere e la raffineria, confluiranno nel film di Fincher. Non a caso, lo stesso Riddick di Vin Diesel è un detenuto fuggito da Butcher Bay, un penitenziario di massima sicurezza. In Pitch Black l’antieroe deve vedersela con creature dal design palesemente debitore agli Xeno.

Alien 3 monastero Vincent Ward

Per dirigere venne scelto Vincent Ward, il quale accettò, ma a condizione di non usare lo script di Twohy! Una nuova sceneggiatura venne elaborata dallo stesso Ward insieme a John Fasano. Il setting risulta quantomeno insolito: un planetoide-monastero in legno dove una comunità di monaci incappa nel tenente Ripley e nel solito alieno, considerato una punizione divina per i loro peccati (la stesura integrale è consultabile qui). Diverse scenografie vennero messe a punto e l’idea sembrava aver colpito per la sua originalità, ma dopo qualche tempo la 20th Century Fox iniziò a opporsi a Ward, assumendo Larry Ferguson come script doctor per rimettere mano alla trama. Piuttosto risentiti, sia Ward che Fasano levarono le tende.

Alien 3 bozza Vincent Ward

Ferguson ebbe degli screzi con il team creativo e con l’attrice Sigourney Weaver, che lo accusò di aver trasformato Ripley in una “insegnante di ginnastica frustrata”. Troppi anni erano passati, quindi la coppia Hill & Giler intervenne sullo script in prima persona, unendo alcuni spunti di Ward al lavoro di Twohy, più altri frammenti raccolti lungo la strada. La trama non era rifinita, eppure le riprese dovevano partire. La Fox mise alla regia David Fincher, futuro autore di perle come Fight Club, Seven, Zodiac e il pluripremiato The Social Network. Fino ad allora Fincher aveva diretto soltanto videoclip e spot pubblicitari. Questo significa che, da un lato, poteva fornire spunti visivi al passo coi tempi, mentre la scarsa esperienza lo rendeva, agli occhi della produzione, un soggetto facilmente controllabile.

David Fincher regista Alien 3

Peccato che Fincher avesse un carattere determinato e una chiara posizione sull’estetica del film e sulla gestione dei personaggi. Il giovane regista cercò di estrapolare il meglio da quel “mostro di Frankenstein” che era diventato lo script. Le settimane passavano e il lavoro da fare era immenso, al netto delle correzioni in itinere. Per realizzare la creatura si prese nuovamente spunto dalle bozze di Giger, dando vita al Runner, una bestiaccia quadrupede più veloce e impulsiva rispetto ai suoi simili. Nonostante le difficoltà, Fincher consegnò alla Fox una versione lunga circa tre ore, sulla quale vennero imposti diversi tagli. Fincher non ebbe l’ultima parola sulla final cut e il suo fidato collaboratore, Rex Pickett, venne perfino licenziato per aver difeso la sua versione della storia.

Alien 3 dietro le quinte

La pellicola venne aspramente criticata per non aver sfruttato il lascito di James Cameron. I personaggi di Hicks, Newt e Bishop vennero tolti di mezzo in modo brutale, andando a distruggere quel rapporto familiare costruito in Aliens. Michael Biehn si unì al coro di proteste, pretendendo un lauto compenso per l’utilizzo della sua immagine nel sequel (addirittura superiore al suo stipendio nel film di James Cameron!). Certi passaggi narrativi vennero definiti artificiosi e privi del giusto approfondimento. Un decennio più tardi, in virtù dell’uscita della quadrilogia di Alien in un’edizione speciale a 9 dischi, Fincher venne contattato per fornire una sua director’s cut, ma rifiutò. Venne allora montata una Assembly Cut, che aggiunge quasi 40 minuti di scene inedite, andando il più vicino possibile alla visione originaria del regista. È proprio su questa versione che vogliamo impostare gran parte della nostra analisi.

Alien 3 regista David Fincher set

*ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER SUL FILM*

Non vi è alcun dubbio sulle differenze tra Alien 3 e i suoi predecessori: la storia è meno coesa e il viaggio è meno thrilling rispetto alla Colonia o alle fughe nei corridoi della Nostromo. Eppure questo seguito ha una carta vincente, una visione d’insieme che riesce a domare uno script raffazzonato, gettando Ripley in una prigione, uno degli angoli più oscuri e dimenticati dello Spazio. L’atmosfera di degrado e abbandono va al passo con gli inquilini della Fury 161, un branco di ergastolani che in età giovanile hanno commesso rapine, violenze carnali e omicidi, e che non vedono una donna da anni. Sono proprio loro la prima minaccia per Ripley, finché non fa capolino uno Xenomorfo che ormai ha intrecciato il proprio destino a quello dell’eroina. Solo una bestia bavosa poteva spingere questa lercia dozzina alla collaborazione!

Alien 3 protagonisti foto

“La prima volta che ne hanno sentito parlare, l’equipaggio fu sacrificato. La volta successiva mandarono i marines, anch’essi sacrificati. Ora, cosa vi fa pensare che si preoccuperanno per un mucchio di ergastolani che hanno trovato Dio nel profondo culo dell’universo?!”

Lontana dalla civiltà e vedova degli affetti appena conquistati in Aliens, Ripley è sofferente, sperduta, circondata da un clima ostile. Le rughe iniziano a fare capolino sul volto della Weaver, allineandola con la maturazione del suo personaggio, ormai alla fine del proprio cammino. Oltre a traboccare di cinismo e misantropia, il film fa man bassa di simbologie religiose, a partire dalla comunità spirituale dei prigionieri (tra i quali spicca un Charles S. Dutton in veste di predicatore) fino all’estremo sacrificio della protagonista, decisa a chiudere i conti con la creatura. La sua maternità (Newt) le è stata strappata via per essere sostituita da un simulacro perverso (la Regina che porta in grembo), e questa volta non ci sono marines coloniali o colleghi su cui appoggiarsi per un conforto emotivo. Colti dalla più nera disperazione, gli ergastolani e Ripley trovano la forza di combattere un nemico mefistofelico, sopprimendo un impulso naturale che alimentava le vicende dei primi due film: l’autoconservazione. Si può dire tutto su Alien 3, ma bisogna riconoscergli il coraggio di essere spietato.

Gli scenari del carcere, luridi e decadenti, vengono valorizzati dal compositore Elliot Goldenthal, che firma una delle migliori colonne sonore della saga. Lavorando a stretto contatto con Fincher, Goldenthal ha voluto creare un insieme di suoni disturbanti, mixandoli con cori e musica sacra. L’intenzione era togliere ogni barlume di speranza allo spettatore già nel corso del prologo, come se l’Anticristo stesse per piombargli in casa. Che dire… missione compiuta. Sul fronte effettistico, la natura canina del Runner pose diverse sfide. Stan Winston, già responsabile degli SFX in Aliens, era troppo occupato per intervenire, quindi si optò per una marionetta in blue screen, poiché la stop-motion non forniva la fluidità richiesta e la CGI era troppo immatura.

Alien 3 xeno runner

Trovati il mood e la tecnologia, restava un grosso problema in Alien 3, ovvero l’anima dei personaggi. L’idea di una setta penitente di ergastolani è uno spunto interessante, ma sviluppato in modo frettoloso nella versione theatrical. I tagli penalizzano in particolare le sequenze del detenuto Golic (Paul McGann), che alla vista dello Xenomorfo perde la testa e viene accusato di aver ucciso i propri compagni. Nell’Assembly Cut conosciamo finalmente il suo destino e assistiamo al suo folle tentativo di liberare l’alieno, da lui chiamato “il drago”, come se fosse un mastino infernale incaricato di punire il gruppo. Altre scene ci danno un’idea più chiara della vita quotidiana nella Fury 161 e dei rapporti tra gli ergastolani, insieme a degli shot aggiuntivi sulla superficie del pianeta.

Alien 3 superficie Fury 161 extended
Da notare la sagoma della croce formata dall’ammasso di rottami a sinistra. Un altro richiamo cristologico.

La genesi dello Xenomorfo subisce delle modifiche: nella versione standard viene fuori da un cane in agonia, creando un tragico parallelismo con il monologo del detenuto Dillon sulla rinascita dopo la morte. Nell’Assembly Cut il Runner spunta da un bue, preservando la sua origine animalesca. Questa è la sola sequenza che giudichiamo inferiore alla theatrical cut, poiché il calvario del cane presenta una maggior cura dal punto di vista estetico e allegorico. Altre scelte vanno a influire sul destino di Ripley: la versione estesa è più delicata, allusiva, evitando di mostrare il Chestburster che le spunta dal petto mentre si getta nella colata di lava.

Alien 3 cane sul set
Per il Runner appena nato fu usato anche un cagnolino dentro un costume.

Non importa quale edizione scegliate di vedere, se la prima cosa a cui badate è il mood: gli ambienti industriali traboccano del DNA della saga, il tasso di splatter è pesante ma motivato e la Weaver manifesta fisicamente il peso di tutto ciò che ha passato nelle altre pellicole. Sussistono i temi cari al franchise, in primis l’analisi sociologica di un gruppo che viene sfruttato dalle corporazioni in nome del profitto. La posta in gioco si fa più alta a livello etico, poiché gli eventi ci spingono a prendere le parti in uno scenario dove nessuno è innocente: ci affezioniamo a un branco di detenuti che hanno compiuto le peggiori atrocità e che, per una volta, decidono di dare un senso alla propria esistenza fermando una minaccia interplanetaria.

Alien 3 Dillon monologo finale

“Voi tutti morirete. Il punto è come preferite crepare. Volete farlo in piedi? O piegati, sulle ginocchia… implorando? Io non ho mai implorato. Nessuno mi ha mai regalato niente. Perciò quel bastardo va ucciso. Distruggiamolo!”

Il critico Roger Ebert lo definì “uno dei film brutti più belli che abbia mai visto”, sottolineandone la doppia anima: la direzione artistica, forte e ricercata, che fa a cazzotti con uno script tenuto insieme per miracolo. Si tratta di Davide contro Golia? Non del tutto. Ci spiace per l’esperienza negativa di Fincher, ma dubitiamo che senza le tensioni creative e il bizzarro guazzabuglio di soluzioni narrative avrebbe tirato fuori il peggio di sé, dando paradossalmente il meglio! Come Ripley si avventura nelle viscere della prigione per scovare la sua nemesi, Alien 3 si tuffa nell’animo umano e lo viviseziona senza fare sconti. Un po’ come la crudele scena dell’autopsia!

Alien 3 scena autopsia film

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