Speculando sul protagonista del prossimo remake basato sui mostri Universal.
di Alessandro Sivieri
Il progetto del Dark Universe, annunciato in pompa magna con l’uscita de La Mummia, si è dovuto scontrare con l’indifferenza della critica e del box office, perdendo importanti pezzi per strada. Fior di attori navigati avrebbero dovuto ridare linfa vitale ai mostri Universal, da Javier Bardem a Johnny Depp, ma i risultati scoraggianti e l’abbandono di elementi strategici come Alex Kurtzman e Chris Morgan hanno portato l’operazione allo stallo totale. Il trono vacante è stato occupato da Jason Blum con la sua Blumhouse, specializzata nella produzione di horror remunerativi e terreno fertile per autori di grido come Jordan Peele e James Wan. Vedendo il lavoro svolto con The Invisible Man, diretto da Leigh Whannell, pare che questa ondata di reboot sia finalmente in buone mani.
Il classico black and white di James Whale viene attualizzato e rielaborato per parlare di fenomeni tristemente reali, come il gaslighting e la violenza domestica. La sfortunata protagonista (Elisabeth Moss) è perseguitata dal marito manesco, che sfrutta il “dono” dell’invisibilità per agire senza lasciare prove. Nessuno crede alla donna, che si ritrova alle prese con un abusatore che potrebbe celarsi in ogni angolo. Tematiche sociali, tensione a vagonate e vessazione psicologica si intrecciano in un esperimento ben riuscito. Ora tocca a Wolfman, l’Uomo Lupo che nel 1941 ebbe il volto di Lon Chaney Jr. Quella del licantropo è una figura piuttosto popolare nella fantasia mostrifera ed è presente nel patrimonio folkloristico di diverse culture. Basti pensare che perfino nel Lazio si raccontano leggende di lupi mannari!
Circolano voci sull’attore in pole position per il ruolo, voci che hanno incontrato lo scetticismo di parte della comunità cinefila: il lupesco prescelto sarebbe Ryan Gosling e il film si baserebbe su un soggetto scritto di suo pugno. Una scelta non scontata, specie per la fama che circonda l’interprete. Gosling non è rinomato per la mimica facciale e dal suo curriculum non emergono personaggi che definiremmo istrionici. La sua poker face lo ha portato a diventare il feticcio di registi come Nicolas Winding Refn, che lo ha impiegato in Drive e in Only God Forgives. Serve un Replicante credibile? Eccovi il suo Agente K, parimenti taciturno e misurato, in Blade Runner 2049. Ne volete ancora? Come un tuono di Derek Cianfrance. Dice due parole in croce. Sempre dannato, sempre solitario, ma con minutaggio inferiore. Questo fa di lui una pessima scelta? Tutt’altro.
Muovendosi con naturalezza tra i blockbuster e il cinema d’autore, Gosling non si è mai tirato indietro quando c’era da sporcarsi le mani e dare vita a personalità ambigue. Non solo canti, balli e un bel faccino come ci ha mostrato La La Land, ma anche un certo grado di vulnerabilità, come in Lars e una ragazza tutta sua. Udite udite, sa perfino essere comico e divertirsi con un paffuto Russell Crowe in The Nice Guys. Il fascino statuario è solo una delle sue virtù e può essere il perfetto involucro esterno per una bestia bavosa che si palesa con le tenebre. La versione preliminare del plot si distacca dal passato e sembra guardare a opere sagaci come Nightcrawler.
Nella pellicola di Dan Gilroy, il talentuoso Jake Gyllenhaal è un reporter senza scrupoli che arriva a causare incidenti pur di riprenderli in esclusiva. In questo Wolfman, Gosling sarebbe un anchorman compulsivo che viene infettato da un mostro e condannato a trasformarsi in licantropo. All’ossessione per gli scoop si sostituirebbe quella per la carne e il sangue, ma conoscendo i mass media odierni e gli appetiti degli spettatori, le due cose non sono poi tanto distanti. Alla stregua de L’Uomo Invisibile 2.0, si sposta il fulcro dalla maledizione all’uso che ne viene fatto, criticandone il fine egoistico. Scordatevi un responsabile e pacato Remus Lupin, che fa di tutto per contenere il suo lato bestiale, e pensate a un volto televisivo in apparenza immacolato, corrotto nell’animo ancor prima di guadagnare denti aguzzi e qualche pelo di troppo.
Per un giornalista assetato di successo, il passaggio da sciacallo a lupo è un upgrade succulento. Una vita trascorsa a inseguire le notizie, quando in una bella notte di plenilunio diventi tu la notizia! Non fatichiamo a vedere la compostezza di Gosling sgretolarsi per far esplodere la violenza repressa e un piglio animalesco più metaforico che votato all’action. Le premesse sono sufficienti a stuzzicarci le papille e a scongiurare l’imitazione di illustri predecessori, dallo stesso Chaney al Jack Nicholson di Wolf, senza scordare Benicio del Toro, apparso nel remake di una decina d’anni fa. La regia e la sceneggiatura restano orfane, ma nel frattempo vi consigliamo di mettervi il cuore in pace e di non svegliare il Ryan che dorme.