GRETEL E HANSEL, cacciatori di torte

Quattro salti nel folk horror con le streghe emancipate.

di Alessandro Sivieri

Gretel e Hansel poster casa

Nelle torbide acque di una favola nera navigano Gretel e Hansel, con capelli corti, vestiti cenciosi e parecchia fame. Sono quasi orfani, nel senso che la madre è una squinternata che pianta le accette sul tavolo per salutare. I due sono perciò costretti a mettersi in cammino con una fragile prospettiva di vitto e alloggio, magari facendosi ospitare dai boscaioli o dalle suore di un convento. Il mondo in cui si muovono è sinistro, crudele, piagato da una pestilenza che in precisi momenti aggiunge delle sfumature da survival post-apocalittico.

Sophia Lillis nel limbo dei coming of age movies.

Mentre fuggono da infetti afoni e da nobili lascivi, impariamo a conoscere fratello e sorella: Gretel (Sophia Lillis) è la più grande e responsabile dei due, nonché il perno centrale della storia. La Lillis si dimostra più che mai talentuosa, ma è incastrata nei medesimi binari del primo It e della recente serie I Am Not Okay with This: la mosca bianca in un contesto squallido, la ragazzina sveglia che scopre di essere speciale, passando per la scontata fase del menarca.

Gretel e Hansel protagonisti del film

Il fratellino Hansel (Samuel Leakey), ingenuo e petulante, vuole ottenere in fretta una nuova casa, oltre che la pancia piena. La coppia vaga per i boschi, si nutre di funghetti allucinogeni e sogna il profumo delle briciole di torta, mentre gli adulti lungo il cammino presentano più minacce che opportunità. L’ingresso nella foresta come metafora dell’età adulta, pregna di pericoli e ambiguità, ha fatto capolino in lavori come The Village, Phenomena e l’osannato The Vvitch. Proprio nell’opera di Robert Eggers si ravvisano le affinità stilistiche più evidenti, sia per la ricercatezza visiva che per il folklore dei tempi remoti, dove le donne solitarie non avevano vita facile… figuriamoci le streghe!

The Vvitch Hansel e Gretel

In esclusiva per voi, The Vvitch lo storyboard del film.

Il pellegrinaggio dei fratelli trova una fine quando si imbattono in una magione isolata, che a parte una tavola imbandita e un puccioso gatto sphynx non sembra contenere altro. Spinti dai morsi della fame, Gretel e Hansel entrano in casa e si fanno scoprire da Holda (Alice Krige), la padrona. Oltre a possedere poteri magici, l’anziana signora (anzi, signorina, come lei stessa specifica) è quel tipo di persona che di solito non riceve visite. Come da copione, Miss Fattucchiera fa uno strappo alla regola e ospita i ragazzi in cambio dei loro servizi di economia domestica. L’abitazione non è certo di marzapane, altrimenti i due avrebbero già rosicchiato gli stipiti, ma il loro destino pare segnato (non per niente in famiglia fanno il verso del maiale). Il logorroico Hansel viene messo all’ingrasso, mentre i principali interessi di Holda coinvolgono la giovane Gretel.

Gretel Hansel strega Holda

Il personaggio della Krige trasuda carisma e non si riduce alla classica megera cannibale, quella che ti inganna con i sorrisi leziosi e i buffetti sulle guance. I suoi dialoghi e la gestualità sottolineano una saggezza arcana, una visione non convenzionale delle cose e il desiderio di trasmettere la conoscenza. Gretel è la candidata ideale, l’adolescente dalla volontà forte e in procinto di costruirsi un’identità e una scala di valori. 

Quando un dono è troppo generoso per essere reale.

Dapprima diffidente, la novella discepola rimane affascinata dalla donna e dalle sue capacità, al punto da scordarsi che un dono troppo generoso esige dei sacrifici. Ogni potere ha un punto debole e lascia il segno sulla nostra anima, che sia un lutto o una sfumatura nera come la pece. Per crescere, insomma, bisogna sporcarsi le mani. Il rapporto tra Holda e Gretel si evolve gradualmente in un confronto intergenerazionale sulla natura umana e sulla condizione femminile.

Gretel Sophia Lillis

Le scelte cromatiche e il design degli interni sono un palese tributo a Suspiria di Dario Argento, specialmente in un paio di shot che i fan noteranno facilmente. Non sorprende l’omaggio a una pellicola che all’estero è considerata l’apice del regista romano e che parla proprio di una favola, del conflitto tra una ragazza innocente e un manipolo di streghe decise a servirsene. In generale l’uso delle luci e l’attenzione alla simmetria riporta alla mente il precedente lavoro di Oz Perkins, ovvero Sono la bella creatura che vive in questa casa. Dalla ghost story di Netflix questo Gretel & Hansel eredità anche i difetti, inclusa una eccessiva dilatazione del ritmo. A circa metà film la storia inizia a girare su se stessa, procrastinando un epilogo macabro che conosciamo quanto il nostro cassetto della biancheria, e tentando di attribuirgli uno spessore esistenzialista.

Scena occhio triangolo Gretel & Hansel

L’approccio ruffiano, nemmeno troppo celato, è prendere un racconto ben radicato nella cultura popolare, fornirgli qualche upgrade narrativo e metterlo in scena “alla The Vvitch”, infondendo una patina arthouse nella regia. Se è apprezzabile l’aura di cinismo delle fiabe autentiche, lo script sconfessa ogni vocazione trasgressiva, sperando che sia la protagonista veggente a suggerire un finale incisivo. Tra showreel cinefili e oscillazioni oniriche, si scivola su una CGI che concretizza in modo maldestro ciò che poteva tranquillamente rimanere allusivo.

Gretel e Hansel scena triangolo

L’ennesima rielaborazione dei fratelli Grimm è un’esperienza incompleta, che procede a tentoni e poi ci ripensa, in preda alla bulimia. Siamo già al dessert quando, forse per il timore di una onesta cripticità, vengono serviti dei monologhi da riassunto scolastico, andando ad appiattire un impianto simbolico dalle premesse intriganti. Caro chef Perkins, l’impasto della torta era senza dubbio ipercalorico, ma il nostro stomaco non è sazio quanto gli occhi.

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