Recensione della serie Netflix in collaborazione con DreamWorks Animation, Jurassic World: Camp Cretaceous.
di Matteo Berta
Jurassic World: Camp Cretaceous è senza dubbio la migliore serie televisiva dedicata al “Jurassic Universe”.
“Eh bravo, è l’unica uscita!” potreste sindacare, ma io potrei replicare dicendovi che, di serie televisive dedicate al mondo di Jurassic Park e Jurassic World ne erano già uscite. Sto parlando di LEGO Jurassic World: Legend of Isla Nublar, di cui abbiamo ampiamente parlato QUI; della successiva serie sequel sempre dei “mattoncini”, ovvero LEGO Jurassic World: Double Trouble (in uscita prossimamente) e dei Motion Comic della Universal che fanno da ponte agli eventi avvenuti in Jurassic World: Fallen Kingdom, oltre che del cortometraggio canonico Jurassic World: Battle at Big Rock (dei fumetti animati abbiamo parlato in questa guida). Mi sembra giusto anche citare, nonostante non abbia mai visto la luce, quella serie animata che avrebbe dovuto seguire gli eventi post primo film della prima trilogia, ovvero Jurassic Park: The Animated Series.
Quindi sì, per essere bastardi (“e pignoli”) ci sentiamo nel giusto dicendo che queste nuove avventure cretacee sono i migliori esempi extra-cinematografici del brand di Jurassic World. Prima dell’uscita effettiva sulla piattaforma streaming di Netflix, avevo avanzato delle ipotesi in un video sul nostro canale youtube (potete trovarlo QUI), e in quel flusso di pensieri avanzavo dei timori legati alle aspettative. Non sono qui a dare adito a tutte le “chiacchiere” legate alle lamentele nei confronti dell’aspetto tecnico-visivo, come se una serie d’animazione avesse il budget di una produzione Disney/Pixar, ma ciò che temevo in misura maggiore è che la (solitamente pacifica) fanbase giurassica potesse aspettarsi qualcosa di “maturo” o più precisamente indirizzato a loro/noi, come pubblico di riferimento.
Camp Cretaceous è riuscita a tranquillizzarmi da quel punto di vista, perché in base a ovvie motivazioni il target di riferimento guarda ai “bambini coraggiosi” e ai preadolescenti, ma i creatori della saga, in primis Steven Spielberg (qui in veste di produttore esecutivo), non hanno deciso di dimenticarsi di noi, assidui amanti del brand, pronti ad assimilare ogni tipo di riferimento nascosto o lapalissiano.
Il campo è aperto ed è bellissimo.
In diversi paratesti usciti prima del rilascio della serie, vi era una sorta di caption che flirtava con noi sulla possibilità di vedere il dark side del Jurassic World. Forse Camp Cretaceous non ci mostra la parte più tenebrosa del parco divertimenti, ma sicuramente ci mostra, nel vero senso dell’espressione, l’altro lato del parco, in concomitanza con gli eventi avvenuti nel film, ed è fantastico, o fastidioso (decidete voi) assistere a sequenze che, in alcuni casi, avvengono esattamente a pochi metri dalle peripezie di “Owen“ Pratt e “Claire“ Howard. Chi temeva di trovarsi di fronte a pacchiane avventure di adolescenti asessuati con contenuti edulcorati, si è dovuto piacevolmente ricredere, perché i giovani campeggiatori si trascinano dietro una interessante storia, che ci viene raccontata a spizzichi e bocconi durante tutto il minutaggio, intrecciandola in modo magistrale con lo sviluppo narrativo delle vicende.
Tutti noi adulti vivremmo volentieri un’esperienza del genere (magari tralasciando la scomoda fuga per la sopravvivenza), ma sono sicuro che ognuno di voi, cari lettori mostriferi, almeno una volta nella vita, si è immaginato di poter andare al Jurassic Park/World. Io stesso fantastico tutt’ora sulla possibilità di farmi assumere come social media manager dell’attrazione del Mosasauro. Allora i ragazzini siamo noi e l’empatia scatta fin dal primo episodio, aiutata dalla già citata organizzazione di back story che ognuno di loro si porta appresso.
Il bello di Camp Cretaceous è che riesce a mantenere la struttura narrativa standard della saga, introducendo, quasi per la prima volta, un intreccio ultra funzionante, aiutato ovviamente dalla serialità del prodotto.
Ma veniamo ai nostri cari sauri: beh, credo siano effettivamente il punto forte della serie: essi sono credibili, non solo per l’animazione e la qualità della rappresentazione digitale, ma soprattutto perché i loro comportamenti e il ruolo che interpretano, ad eccezione di Bumpy (inserita per ottenere l’effetto baby Yoda) risultano essere giustificati e verosimili. La sequenza del mosasauro credo sia emblematica per questo tipo di concetto: il rettilone marino sotto steroidi interviene nell’azione non in modo grossolano (e anche un po’ ignorante) come potrebbero essere considerate le sue comparsate nei film della saga, ma finalmente riesce a conquistarsi una sequenza tutta sua, dove può esprimere il suo fascino predatorio a metà tra uno squalo e una balena bianca vendicativa.
Le criticità che ho riscontrato in questa serie sono minime: dal momento che la mia aspettativa era limitata, ho trovato tutti gli aspetti ben gestiti ed equilibrati tra loro. Se proprio devo fare un appunto, lo rivolgo alla colonna sonora. Da grande appassionato delle musiche da film, ho notato una mancanza di fantasia nel riproporre il celebre tema di Williams un po’ in tutte le salse. Nonostante sia accreditato anche Giacchino, non mi pare di aver sentito nulla estratto dalle sue partiture, ma ammetto di aver bisogno di un secondo ascolto.
Camp Cretaceous funziona, forse non è ciò che desideravamo ardentemente come debutto canonico televisivo per la nostra saga giurassica, ma sono certo che se avessi avuto la possibilità di vedere questo show alla stessa età di quella dei protagonisti, me ne sarei completamente innamorato. Spero che questa sia la prima di diverse stagioni e mi auguro vivamente che questo sia il vero debutto del Jurassic Universe.
Se volete discutere con noi di questa serie, vi aspettiamo nella diretta di questa sera (del 21/09/2020 per chi leggesse in differita), dove il nostro Matteo analizzerà in modo più approfondito la serie assieme a Matteo di Paleo-Nerd. Qui sotto il link per impostare il promemoria o per recuperarsi la puntata.
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