WENDIGO – Da antica leggenda a icona pop

Ecco perché lo spirito cannibale, derivante dal folklore dei pellerossa, è diventato cibo per gamer e cinefili.

di Alessandro Sivieri

wendigo mostro disegno

Mettiamo che uno stregone nativo americano (precisamente delle tribù algonchine del Canada) si raccomandi con voi di non far incazzare gli spiriti della natura durante il campeggio: avreste qualche buona ragione per non dargli retta? Siete lì, nella regione dei Grandi Laghi, a cercare di tirar su qualche carpa per cena. Gli amici ubriachi vi mandano in vacca lo scaldavivande mentre i nipotini giocano con la coda del castoro. Improvvisamente spunta dagli alberi una figura alta e scheletrica, con un gran palco di cervo ed enormi artigli. La creatura, essendo antropofaga, si pappa la vostra carcassa, gli amici, i nipoti e pure il bottino della pesca, prima di scomparire nella foresta emettendo un suono agghiacciante. Congratulazioni, siete appena stati digeriti dal Wendigo, detto anche Windigo, Witigo, Witiko o Wee-Tee-Go (ha più soprannomi di Vigo il Carpatico). La traduzione approssimativa del nome è “Spirito malvagio che divora l’umanità”. Si mormora inoltre del suo fratellastro, il Wechuge, un essere ghiacciato che ne condivide alcuni aspetti.

wendigo deviantart disegno
Illustrazione del Wendigo di sphenaphinae su DeviantArt.

Nei nostri anni di attività ci siamo messi a catalogare i mostri leggendari del nostro paese, con l’intento futuro di espanderci e di analizzare il patrimonio folkloristico di altre culture. Tra queste c’è proprio la narrazione orale del Nuovo Mondo, che ha popolato le pellicole, i romanzi e i documentari di Sasquatch (meglio conosciuti come Bigfoot), di ibridi lupeschi e di Mothman, ovvero il misterioso Uomo Falena. Nel caso voleste approfondire quest’ultimo, vi consigliamo vivamente di dare un’occhiata a The Mothman Prophecies di Mark Pellington, film dove la presenza dell’entità viene integrata a livello subliminale, giocando con il montaggio frenetico e con riflessi speculari nello scenario. Bene, torniamo al nostro amico cornuto.


IL MITO

Analizzando una favola dal punto di vista antropologico e culturale, di solito ci si accorge che i suoi tratti costitutivi nascondono un insegnamento, o meglio un monito. Come l’uomo nero spinge i bambini ad andare a letto o finire la cena senza fare storie, molti folletti che si siedono sul petto dei dormienti rievocano le paure contadine delle apnee notturne. Non dimentichiamo la stregoneria e le pratiche diaboliche, prese a pretesto per stigmatizzare le donne emancipate e abili nelle scienze (in primis erboristeria e medicina). Per quanto riguarda il Wendigo, pare che rappresenti il tabù del cannibalismo presso la comunità dei pellerossa.

wendigo hannibal serie tv
La creatura nella serie TV “Hannibal” con Mads Mikkelsen.

Ora, il dottor Lecter ci ricorda che si può mangiare la gente per puro piacere, ma nelle terre selvagge si parla più di mancanza di alternative: c’è la chance che un inverno rigido, la scarsità di bufali o la discesa nella follia porti un indiano a cucinare il timballo di suo cugino, salvo pentirsene amaramente in seguito e trasfigurarsi in un demone. Proprio le tribù dell’America nord-orientale menzionavano un disturbo psicofisico che negli studi del XX secolo prese il nome di Psicosi Windigo: la depressione e la fame, coadiuvate da presunte visioni sciamaniche, portavano un individuo (di norma un cacciatore) ad assumere comportamenti bestiali e nutrirsi di poveri innocenti.

indiani acchiappasogni wendigo

Certo, le notti da incubo e lo stomaco che brontola non sono una giustificazione per aver rosicchiato la suocera, infatti il dato interessante è la metamorfosi in mostro vista come patologia mentale, che nelle strutture sociali arcaiche veniva guardata con superstizione. I casi di cannibalismo, presenti tra i nativi in numeri non accertabili, portarono alla necessità di una interpretazione di tipo mistico, in modo da inquadrare il fenomeno ed eventualmente esorcizzarlo. La persona affetta dalla “maledizione” non assumeva necessariamente le sembianze della creatura, ma regrediva a uno stato primitivo e sanguinario, alla stregua di una possessione infernale. Infatti, tra i metodi per diventare un Wendigo, vi era l’influenza di uno spirito maligno, oltre al suddetto consumo di carne umana o al morso da parte di un altro Wendigo.

wendigo disegno artwork

Le caratteristiche di questa figura, dalle abitudini del soggetto colpito ai fattori scatenanti, hanno parecchio in comune col vampirismo e con la licantropia. Pensiamo, per esempio, al Dupi Minaro della Basilicata (video qui sotto), una variante nostrana della sindrome da lupo mannaro: il malcapitato si metteva a scorrazzare per le vie cittadine, emettendo latrati e aggredendo i compaesani, fino a quando non si trovava un sistema per placarlo. Secondo i racconti del folklore, il morso di un licantropo può passarci il maleficio, proprio come un vampiro trasforma le vittime prescelte in altri succhiasangue. Accanto alla pazzia, si fa strada la metafora dell’infezione, della malattia trasmissibile tra esseri umani, aspetto che si ricollega al cannibalismo, in quanto il consumo di cadaveri non è solo immorale, è potenzialmente dannoso ed è in grado di contaminare sia il corpo che l’anima.

Altra chiave di lettura del mito è quella ambientalista: il Wendigo si pone come una forza della natura ineluttabile contro chi si intromette nell’ecosistema e ne profana le leggi. Il consumo smodato delle risorse e l’avidità portano alla devastazione della Terra, vendicata da uno spirito che ne incarna il lato feroce e, al contempo, diviene lo specchio del nostro egoismo. Tale attribuzione simbolica è presente in entrambe le iterazioni cinematografiche che tratteremo più avanti, confermando il ruolo del mostro di spietato giustiziere nei confronti di una società dedita alla distruzione.

wendigo foresta spirito maligno

Tornando al lato esoterico, le leggende parlano proprio di un patto col diavolo: il primo Wendigo fu un guerriero che vendette la propria anima al Maligno in cambio di una forza e di dimensioni sovrumane, necessarie a proteggere la propria tribù. Sconfitti i nemici, il combattente era ormai trasformato in mostro, e venne perciò bandito dalla comunità. “Un amorevole grazie, caro il nostro salvatore, peccato che tu sia brutto come la morte e ti sia pappato lo sciamano”. In diverse culture si credeva che mangiando alcuni animali – o meglio parti specifiche del loro corpo – se ne acquisissero le qualità, come l’agilità della gazzella o la forza dell’orso. Il movente di questi atti scellerati non si riduce pertanto agli inverni particolarmente aspri, bensì all’ambizione di diventare più potenti nutrendosi dei propri simili. Peccato che l’atto sfoci in una dipendenza e che, stando al mito, si cambi d’aspetto e di indole in modo irreversibile. Da una grande abbuffata derivano grandi responsabilità, direbbe lo zio Ben. Ma com’erano fatti questi bestioni?

wendigo art pergamena

All’inizio abbiamo accennato alle misure, e in effetti la maggior parte delle fonti riporta un’altezza superiore ai due metri, sebbene alcune si spingano a dichiarare i cinque o i sei metri. Su un aspetto vi sono pareri unanimi: l’incredibile fetore emanato dalla bestia, un ennesimo rimando alla putrefazione. I denti sono lunghi e affilati, al pari degli artigli, mentre gli occhi sono ardenti. Il corpo è emaciato, tanto da lasciar trasparire l’ossatura.  Vi sono punti ricoperti da una folta peluria, a ricordare il legame della creatura con la stagione invernale, legame ulteriormente esplicitato dalla sua capacità di scatenare bufere di neve. Il piatto forte arriva con il cranio da cervide, particolarità che gli ha permesso di imprimersi nella memoria collettiva (secondo i Cree e altre tribù sarebbe ibridato con un alce). Nonostante la mole e le corna ingombranti, il Wendigo è in grado di muoversi a gran velocità, tanto da infiammarsi gli arti inferiori a causa dell’attrito col terreno. I piedi, una volta consumati, cadrebbero e verrebbero sostituiti, similmente alla coda delle lucertole.

cervo foresta wendigo

A un’estetica non certo da modello di Abercrombie si accompagna una vasta gamma di poteri, in grado di mettere in imbarazzo legioni di bellimbusti fumettistici. Il Wendigo ha un forza sovrumana, che unita alla rapidità lo rende un cacciatore incredibile. Agisce perlopiù di notte e può inseguire la preda per ore grazie ai suoi sensi sviluppati. Se la vittima non muore di fatica, impazzisce per il terrore e per i suoni emessi dalla creatura, che infine trascinerà il malcapitato nella sua tana per divorarlo quando è ancora vivo. Le leggende accennano addirittura a una sua capacità di manipolare il tempo e lo spazio, sottolineandone il potenziale magico.

wendigo disegno creatura

Viene sempre più facile immaginare perché il cervo umanoide sia la gioia dei criptozoologi, ma se siete un guerriero Cree o un cacciatore eccezionalmente sfigato, occorre adottare delle contromisure: come abbattere la bestia? Le ferite superficiali non bastano poiché il Wendigo si rigenera velocemente. C’è chi suggerisce di utilizzare proiettili argentati o di trafiggergli il cuore con un paletto, altro elemento che lo accosta al vampiro e al licantropo. Essendo una creatura del ghiaccio, sembra che il fuoco in gran quantità riesca a danneggiarlo. La combinazione ideale sarebbe strappargli il cuore e dargli fuoco, o seppellirlo in un cimitero dopo averlo messo in una scatola d’argento. Il resto del corpo deve essere poi smembrato con un’ascia (sempre d’argento), messo sotto sale e infine bruciato, per poi disperderne le ceneri al vento. Sembra un incrocio tra una ricetta macabra e un pessimo manuale antincendio, quindi per ulteriori chiarimenti vi rimandiamo allo sciamano più vicino.

cree nativo americano
Un giovane membro della tribù dei Cree.

Se invece avete la sciagurata intenzione di cercare la bestia, esiste un luogo nell’Ontario settentrionale chiamato Grotta del Wendigo, precisamente sul lago Mameigwess. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX vi furono parecchie testimonianze di  esseri le cui caratteristiche corrispondevano al Wendigo. Stessa cosa per le foreste a nord del Minnesota. Ogni volta che il demone veniva avvistato, si verificavano morti sospette nelle comunità circostanti. Andando a ritroso nel tempo, già nel 1600 i resoconti degli esploratori e dei missionari gesuiti parlavano di strane sindromi dei nativi e di attacchi violenti ai danni dei coloni. Abbiamo tralasciato qualche nascondiglio della bestia? Ebbene sì: una tonnellata di pellicole, romanzi, serie tv e saghe videoludiche.

leshen boss the witcher 3 wild hunt

Le sembianze terrificanti e il carattere paradigmatico del Wendigo ne fanno un ottimo mostro per film horror e altri prodotti di finzione, sebbene venga spesso declassato a boss minore nei videogame, come nel caso dei Leshen di The Witcher 3, i quali sono palesemente ispirati alla creatura, specie nella versione ancestrale dello Spirito della Foresta. Il demone ricopre un ruolo analogo nei giochi Until Dawn e Fallout 76. Parlando di media e romanzi, appare in formato famiglia nella serie Teen Wolf e fa una capatina in Hannibal, perfettamente contestualizzato nella storia del più famoso serial killer antropofago di Hollywood.

wendigo creatura leggendaria

La bestia è particolarmente amata da Stephen King, che la fa comparire vicino al cimitero indiano in Pet Sematary e ne sfrutta i tratti per costruire l’antagonista de La bambina che amava Tom Gordon. Non scordiamo infine i fumetti: nell’universo Marvel è presente un personaggio chiamato Wendigo, il quale è un nemico di Hulk e Wolverine e rispecchia in buona parte la tradizione. Proprio per non farci mancare nulla, è un avversario di Zagor. La seconda parte di questo excursus è però dedicata a due opere cinematografiche dove il mostro è il principale motore degli eventi: Wendigo di Larry Fessenden e Antlers – Spirito insaziabile, prodotto da Guillermo Del Toro e da David S. Goyer!


WENDIGO

LARRY FESSENDEN – 2001

wendigo film 2001 poster

La nostra prima scelta ricade su un horror indipendente del newyorkese Larry Fessenden, cultore dei racconti folkloristici, che inserirà il Wendigo anche nel successivo The Last Winter; quest’ultimo è un viaggio nella paranoia e nelle distese di permafrost, parzialmente ispirato a La Cosa di John Carpenter e arricchito da una riflessione ecologica di fondo. La natura, profanata dall’essere umano, si manifesta sotto forma di spiriti vendicatori per punire gli individui che riassumono i nostri peggiori difetti. Prima di fare un cammeo sul set come ectoplasma gelido, il Wendigo è la figura centrale dell’omonimo film del 2001, prodotto in base ai canoni del Dogma 95. Tale decalogo, per i profani, è stato ideato dai registi Lars von Trier e Thomas Vinterberg, e stabilisce delle precise regole sulla realizzazione delle opere cinematografiche (nessuna scenografia artificiale, nessun suono extradiegetico, solo camera a mano, ecc.); peccato che il Dogma venga infranto, spesso e volentieri, dai suoi stessi promotori.

the last winter finale film
Ron Perlman mentre sta per fare una brutta fine in The Last Winter.

Fessenden prende ciò che gli serve dai maestri danesi e sforna un lungometraggio che ricorda le scampagnate paurose degli anni ’70 e ’80. Verso le sperdute montagne del Nord America si avventura una famigliola di yuppie, decisa a trascorrere un weekend di meritate ferie. L’auto che si fa strada tra pinete e cime innevate riporta alla mente i Torrance di Shining e il loro abbandono dei rassicuranti costrutti sociali in favore dell’isolamento. La presenza della creatura aleggia da subito nelle selve silenziose, ma la prima parte della pellicola è a tutti gli effetti un dramma familiare dove il triangolo padre-madre-figlio si trova alle prese con l’esperienza del cambiamento e con agenti esterni che ne minacciano l’integrità. I presagi di sventura iniziano quando il padre George (Jake Weber), fotografo in fuga dallo stress, investe un grosso cervo, emblema di una natura fiera e possente alla quale gli intrusi mancano di rispetto.

wendigo famiglia protagonista

Sconvolta, la famiglia incrocia alcuni bifolchi del posto, tra i quali spicca il burbero Otis (John Speredakos). Il gruppo accusa George di avergli rovinato la battuta di caccia e di aver danneggiato le corna dell’animale, trasmettendo neanche troppo velatamente l’impressione del montanaro al quale non va a genio la gente di città. Il trio cerca di lasciarsi alle spalle l’accaduto e si stabilisce in una dimora isolata, aprendo una parentesi educativa dove George e la moglie Kim (Patricia Clarkson), di professione psicologa, discutono su come spiegare al figlioletto Miles (Erik Per Sullivan) ciò che è accaduto durante il viaggio. La coppia parla al ragazzino di una pluralità di temi esistenziali e dei rapporti a volte difficoltosi tra le persone, eppure Miles sembra avere una percezione alterata – o meglio primordiale, non filtrata – delle cose.

wendigo statuetta feticcio

Al negozio del paese, un nativo americano fa dono al bambino di un feticcio raffigurante il Wendigo, illustrandone brevemente il mito. Miles abbandona i suoi pupazzetti di Voltron e dell’Uomo Lupo per appropriarsi della statuetta e custodirla gelosamente, suggestionato dalle parole del pellerossa. La maestria registica popola di un orrore impalpabile le foreste, fino all’illusione pareidolitica che ricrea la sagoma della creatura attraverso un intrico di rami. Le sensazioni sinistre aumentano e Miles diventa, alla stregua di Danny Torrance, un interlocutore privilegiato con la dimensione magica della natura, il tutto mentre il losco Otis spia da lontano la routine dei protagonisti. Il cottage confina infatti con la sua proprietà.

wendigo miles protagonista

La quiete del focolare viene definitivamente sconvolta quando George subisce un’aggressione mentre gioca nella neve con Miles. Il padre finisce all’ospedale, in condizioni gravissime, mentre Otis si fa vivo per spiegare che vicino alla radura è presente un poligono di tiro dove si stava esercitando; credendo di scorgere un animale tra gli alberi, l’uomo ha sparato senza pensare. È possibile che il proiettile di Otis abbia colpito accidentalmente George? O il cacciatore con un’indole da stalker ha fatto fuoco di proposito? Miles ha un’altra teoria, la medesima certezza irrazionale che viene suggerita al pubblico: il Wendigo ha punito George per la morte del cervo e la sua collera non si è certo placata. Otis intanto ha un diverbio con lo sceriffo locale, arrivando a ucciderlo per poi fuggire in automobile. Chi mai arriverà a chiedergli un passaggio? Proprio lui, il feticcio incarnato! Al termine della tragedia, la creatura di Fessenden si palesa fisicamente.

wendigo otis cacciatore villain

Il Wendigo insegue Otis per le foreste, dimostrandosi in grado di materializzarsi ovunque desideri. Il montaggio assume un ritmo convulso e assistiamo perfino a una brevissima sequenza in slow motion dove il tempo sembra cristallizzarsi mentre lo spirito della natura sta per scatenarsi. Il cacciatore scappa in preda al panico, mentre la regia ci mostra la bestia a colpi di shaky cam. Si applica la logica del less is more, illuminando parzialmente il mostrone e facendolo sparire dopo una manciata di secondi, ma non si riesce ad arginare del tutto l’impressione di uno stuntman che corre tra gli alberi con un pigiamone da renna. Piccola nota tecnica: il costume è stato realizzato basandosi su bozzetti dello stesso regista e risente più di ogni cosa del budget ridotto.

wendigo cervo mostruoso film 2001

Servitoci il primo piano rituale con il muso bavoso, Otis viene investito dal vicesceriffo e si ritrova al pronto soccorso. La pellicola si chiude con uno scambio emblematico di sguardi tra il cacciatore malconcio e il piccolo Miles, il quale accarezza l’artefatto del Wendigo con un sorriso ambiguo. Giustizia è fatta, insomma, sebbene non ci si riferisca a un concetto di giustizia antropocentrico: l’uccisione di un nobile animale da parte di George e le malvagità di Otis (la caccia, le turbe al nucleo familiare di Miles, protettore del feticcio e perciò potenziale adepto) hanno portato a un castigo indiretto nei confronti dei due uomini, i quali cadono preda delle emozioni e della noncuranza, finendo per fregarsi da soli.

wendigo film neve

L’araldo bestiale  non ha divorato le budella a nessuno e limita il proprio ruolo a incarnazione di forze ancestrali che si sono scatenate in quel preciso istante, quando l’ultima goccia ha fatto traboccare il vaso. Non vi sono pene commisurate al delitto, viene banalmente messo in scena ciò che accade quando prendiamo alla leggera il valore della vita. Il Wendigo dà senza dubbio una spintarella all’incidente di Otis, ma in ultima si materializza per celebrare il destino autodistruttivo dell’Homo Sapiens e il crollo della patina che nasconde le fragilità del nostro tessuto sociale. Se invece preferite una lettura più classica degli eventi, la morale è che al cervone cornuto nun je devi cacà er cazzo.


ANTLERS

SCOTT COOPER – 2021

antlers promo film poster

Vent’anni dopo il centometrista in pigiama, due pezzi grossi come Guillermo Del Toro e David S. Goyer decidono di rispolverare il demone cannibale, inserendolo in un contesto attualissimo senza rinunciare a quegli elementi da folk horror che tanto piacciono ai mostrofili seriali. A tal proposito si vedano i film di Robert Eggers, di Ari Aster e il piacevole The Ritual, che presenta una bestia cornuta imparentata con il dio norreno Loki. Diretto da Scott Cooper, Antlers è stato tradotto con l’azzeccato sottotitolo Spirito insaziabile, e infatti ci racconta un Wendigo molto più attivo, paragonabile a un morbo divoratore che viene trasmesso da persona a persona.

antlers wendigo mutante

Siamo nei territori dell’Oregon, tutt’oggi pieni di foreste incontaminate e di vecchie miniere di carbone che alcuni piccoli spacciatori adottano come nascondiglio per cucinare anfetamine. È questo il caso di Frank Weaver (Scott Haze), colpevole di aver provocato le ire di Madre Natura con il suo traffico di droga. L’inquilino di quei tunnel è invero un Wendigo che, in un prologo misurato e suggestivo, prende possesso dell’uomo, dando origine a un dramma che poggia nuovamente sulla decostruzione del nucleo domestico.

antlers lucas protagonista

Il piccolo Lucas Weaver (Jeremy T. Thomas) tiene rinchiuso il papà, ormai posseduto dallo spirito e ridotto a zombie cannibale, nella soffitta di casa, sperando che un giorno guarisca senza contaminare i suoi stessi figli. Peccato che l’insegnante Julia Meadows (Keri Russell) si accorga del disagio del ragazzino osservandone i silenzi e i disegni raccapriccianti. Per quanto determinato e affezionato alla figura genitoriale, un bambino trova sempre il modo di comunicare un turbamento, al quale Julia è recettiva per via dei suoi trascorsi infantili: ha infatti subito abusi dal padre in tenera età e solo di recente si è ricongiunta con il fratello Paul (Jesse Plemons), sceriffo della città.

antlers spirito insaziabile keri russell

Alla stregua di Renée Zellweger in Case 39, il personaggio di Keri Russell prova empatia per Lucas ed è deciso ad andare in fondo alla questione, ipotizzando che dietro alla riservatezza del pargolo vi siano quei maltrattamenti di cui troppo spesso si legge sui giornali. Il coinvolgimento emotivo dell’insegnante la porta a fare la cosa giusta (indagare) per il motivo sbagliato, dato che il tormento di Lucas deriva dall’insospettabile fenomeno sovrannaturale e vede nel bambino una parte attiva nel tentare di tenere unita la propria famiglia, creandone un modello distorto e perverso.

antlers protagonisti spirito insaziabile

Sviluppato un legame con il bambino, la donna e il fratello sbirro non impiegano molto a capire che il cadavere antropofago nella soffitta (avete presente il primo Hellraiser?) non è un semplice genitore maniaco, e decidono di consultare Warren Stokes (Graham Greene), sceriffo in pensione, sfruttato come chiarificatore della mitologia dei nativi e fornitore di soluzioni anti-Wendigo. Il tempo stringe e la resa dei conti si consuma dove tutto ha avuto inizio, ovvero nelle viscere della terra. La creatura ci viene mostrata a figura intera, sfoggiando un lavoro prostetico ammirevole e spingendo su una componente splatter che non ci risparmia i corpi smembrati. L’epilogo sbrigativo salva il salvabile della dinastia Weaver, spiegandoci senza tanti fronzoli che il male (poco importa se uno spettro mangiacarne o la scelleratezza umana) non si può cancellare totalmente ed è destinato a circolare come un’infezione virale.

antlers foresta film

Il punto di forza di questo Antlers, oltre all’effettistica, è una fotografia che si prende il giusto tempo per leggere le ambientazioni invece di limitarsi ad accompagnare l’azione, aspetto che risalta nell’incipit da manuale. Le gallerie desolate e le case polverose si alternano a una provincia americana cupa, immersa nella nebbia, abitata da terrori che sono i riflessi del nostro passato. La dualità si gioca sull’influenza animalesca del Wendigo e sui mostri di una mente danneggiata dalle violenze (fisiche, psicologiche), in grado di aprirsi soltanto a chi ha vissuto esperienze analoghe. Insomma, il regista è impegnato in tutti i modi a costruire un horror dai toni autoriali, e concettualizza l’ingrediente folkloristico (unitamente a quello ecologico) per denunciare una crisi morale generalizzata. In questo mondo malato, un demone e un abusatore differiscono solamente sul piano estetico, e non è un caso che l’essere si liberi del volto umano come si fa con le maschere, richiamando quel Mimic girato proprio da Del Toro.

antlers creatura wendigo

Il messaggio viene rafforzato dalla spietatezza verso i bambini, esposti a pericoli mortali, a sofferenze e a dubbi etici che vanno oltre gli standard delle pellicole mainstream, capaci di mantenere una logica protezionistica nei confronti dei minorenni nonostante gli omicidi e le frattaglie volanti. A smorzare gli entusiasmi un coefficiente di prevedibilità piuttosto marcato, un ritmo non sempre all’altezza e una certa goffaggine nel rappresentare l’azione quando la bestia decide di stalkerare le prede (vedasi l’attacco allo sceriffo). Mettendosi sulle tracce di un mostrone di serie A e di tematiche sociali dal grande potenziale, la scrittura inciampa in uno svolgimento meccanico che non viene salvato nemmeno dalla sferzata di cinismo. Non si tratta di uno squilibrio tra forma e contenuto, bensì di una disomogeneità tra l’impronta di genere (horror) e il contesto nel quale si muovono i protagonisti (drammatico). A riprova del fatto che un pedigree produttivo di alto livello non porta per forza a una bestia di razza.

spirito insaziabile wendigo mostro finale


CONCLUSIONE

Sfiancati da questa galoppata nei boschi, siamo contenti di non essere stati divorati vivi per aver assaggiato la bistecca sbagliata o raccolto un fungo di troppo. La carrellata di incursioni multimediali del Wendigo ci ha fatto comprendere, ancora una volta, come le leggende risentano profondamente delle convenzioni sociali del loro tempo e siano in grado di sopravvivere all’incedere dei secoli, diventando un oggetto di studio e una chiave interpretativa del passato, senza scordare il caro, vecchio intrattenimento!

artwork mostro wendigo cannibale

Tra le centinaia di creature generate dal folklore degli antichi, il Wendigo spicca per una manifestazione di ferocia equamente divisa tra l’istinto animalesco e la crudeltà umana. La sua ambivalenza viene ribadita dalle sembianze ibride, che uniscono l’anatomia animale a una costituzione scheletrica (simbolo di morte e ingordigia) e a un portamento antropomorfo. Non si parla di un custode di Madre Terra, quanto di un suo vendicatore, un’entità che si palesa a fatto compiuto con uno scopo punitivo, e che riflette sia i risultati delle nefandezze distruttrici sia il rimorso – o l’esplosione di pazzia – che segue alla loro attuazione. Citando un famoso proverbio africano: ogni mattina, in Nord America, non importa che tu investa un cervo o cucini droga, l’importante è che cominci a correre!

Non dimenticate di dare un’occhiata a una variante italica del Wendigo, l’Uomo Cervo del Molise:

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